SCIENZE PEDAGOGICHE


Makarenko: la pedagogia del collettivo

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BIOGRAFIA

Anton Semenovyč Makarenko (in ucraino: Антон Семенович Макаренко; Bilopillja, 13 marzo 1888 – Mosca, 1º aprile 1939) è stato un pedagogista ed educatore ucraino. Fu uno dei fondatori della pedagogia sovietica, elaborò la teoria dei collettivi autogestiti di studenti e introdusse il concetto di lavoro produttivo nel sistema educativo. Nasce a Bilopillja (Oblast' di Sumy) in Ucraina (che in tale periodo fa parte dell'Impero russo) nel 1888 da una famiglia di operai. Si diploma come maestro, durante la guerra civile del 1917 si dedica al recupero di ragazzi abbandonati e delinquenti minorenni. Fonda la prima colonia di lavoro, chiamata colonia Gorky in cui inizia la sua esperienza di pedagogista ed educatore sovietico, inculcando il senso del dovere e una disciplina militaresca. Nel 1928, a causa di alcuni contrasti con l'istruzione popolare per i suoi metodi educativi, è espulso dalla colonia e passa alla direzione di una scuola per orfani della polizia. Nel 1935 assume la vicedirezione della sezione delle colonie di lavoro ucraine e si afferma la sua dottrina pedagogica, accettata anche dalla critica sovietica come modello educativo. Vive a Mosca nell'ultimo periodo della sua vita. Muore improvvisamente nel 1939.


IL SUO PENSIERO PEDAGOGICO

Il suo pensiero si basa sulla ideologia marxista-leninista presente in Unione Sovietica dopo il 1917, anno della rivoluzione di ottobre. In questa prospettiva, lo scopo dell'educazione è quello di produrre un buon cittadino comunista. La concezione pedagogica è di tipo direttivo, in quanto un'educazione non direttiva avrebbe portato all'individualità, tipica della società borghese. Makarenko aderisce al centralismo democratico di Lenin, nel quale l'educazione ha la finalità di formare un individuo comunista e lavoratore, senza che lo stesso sviluppi una propria personalità individuale. Le sue idee sul collettivo e sulla disciplina costituiscono una forte critica alla pedagogia della spontaneità individuale, dunque all'attivismo pedagogico, così come l'uomo nuovo sovietico è l'antitesi del vecchio individuo borghese. Molta importanza ha la disciplina, intesa come esigenza senza teoria. In un primo momento è giusto infatti imporre le regole della comunità ai nuovi arrivati, che sono poco inclini a seguire regole collettive. In un secondo momento è giusto invece spiegare il perché di una regola e di un'imposizione, quando però la persona è in grado di capire le motivazioni. La responsabilità è un risultato dell’educazione. Ma, come la responsabilità, anche la disciplina è un risultato dell’educazione. Secondo M., molte teorie pedagogiche la pongono come presupposto dell’educazione. La sua definizione è nella complessiva filosofia del collettivo ed è il risultato di una lotta e non può prescindere nel modo più assoluto dagli effetti di un legame collettivo, dalla comprensione (che matura il senso di responsabilità) che il comportamento individuale è legato da mille fili ed è causa e conseguenza della condotta sociale. La rottura e l’infrazione a regole condivise e accettate può provocare il deragliamento non personale, ma dell’insieme e dunque è l’insieme (nei collettivi è l’assemblea generale, nella famiglia è l’intero nucleo) a richiedere il rispetto di quelle regole e l’eventuale privazione alla vita comunitaria (nei collettivi, si giunge alla misura più grave con l’estromissione dalla comune, in famiglia ad esempio di non permettere la visione con gli altri a una rappresentazione teatrale). La “disciplina cosciente” è una categoria, elaborata secondo il marxismo, politicamente da Lenin e pedagogicamente da Makarenko. Il suo fine educativo è quello di un individuo al servizio della politica e della società comunista. I pensieri individuali e collettivi devono coincidere tra loro. I fini dell'educazione sono sociali.


LA METODOLOGIA DEL COLLETTIVO

Soggetto dell'educazione non è l'uomo singolo ma il collettivo. Nel collettivo di Poltava, così come nell’esperienza della comune Dzerzinskij (a Charkiv), si tentano sperimentazioni di autogoverno (strutturato) e autodisciplina. Così come l’autogoverno non può non essere organizzato, così l’autodisciplina non può non scaturire da una disciplina cosciente, responsabile e motivata. L’educatore chiama il collettivo alla precondizione pedagogica dell’ordine esterno per un’unità dialettica con un ordine interiorizzato. La disciplina condivisa del reale autogoverno è il risultato di questa unità e non è affatto contrapposta alla libertà, intesa in senso marxista e leninista: la libertà sostanziale e non formale non è assenza di legami, è una categoria sociale, una parte del bene comune, la risultante di un comportamento sociale. L'individuo deve armonizzare i propri interessi ed esigenze con l'interesse generale della collettività, la quale è a sua volta tenuta a considerare le esigenze individuali.

Esistono due tipi di collettivi:

OPERE PRINCIPALI

POEMA PEDAGOGICO

Nel Poema pedagogico Anton Siemionovic Makarenko (1888-1939) racconta la sua esperienza di educatore chiamato a dirigere, a partire dal 1920, una colonia di lavoro destinata alla rieducazione di giovani abbandonati e disadattati. Davanti ai drammatici problemi che si trova ad affrontare, matura in lui la convinzione di non potersi affidare a nessuna teoria pedagogica, ma di dover ricavare indicazioni dall’analisi dei fenomeni reali che si svolgevano sotto i suoi occhi. Egli ritiene inoltre che l’educazione nella società socialista non poteva richiamarsi alla “natura” e agli interessi del soggetto da educare, ma doveva tener conto delle necessità politiche e sociali poste dalla costruzione del socialismo in Unione Sovietica. Sulla base di queste premesse egli individua nel “collettivo” lo strumento principale dell’educazione; all’interno di esso deve infatti svolgersi la vita, il lavoro e tutta la formazione dell’individuo che deve imparare – anche attraverso l’imposizione di una dura disciplina – a subordinare i propri individuali interessi alle superiori esigenze sociali. Se questa integrazione dell’individuo nel “collettivo” non riesce, non rimane altro che l’espulsione: è questo il caso che viene riportato in queste pagine.

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LA STORIA DI MAKARENKO


Reference

  1. WIKIPEDIA